Accogliendo il ricorso promosso da Regione Lombardia, con una recentissima sentenza n. 75 del 12 aprile scorso, la Corte Costituzionale si è pronunciata in tema di miscelazione dei rifiuti, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma di cui al comma 3-bis dell’art. 187, D.Lgs. 152/2006, con ciò determinando il possibile verificarsi di conseguenze di non poco conto, sul piano della prassi operativa.
Vediamo l’art. 187, D. Lgs. 152/2006.
- È vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.
- In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:
- siano rispettate le condizioni di cui all’art. 177, comma 4, e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;
- l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli artt. 208, 209 e 2011;
- l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’art. 183, comma1, lettera nn).
2 bis) …. Omissis …
- …….Omissis …..
3 bis) Le miscelazioni non vietate in base al presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge”.
In pratica, il comma 3bis) aveva formalmente confermato quanto desumibile dal contenuto del precedente comma 2, che stabilisce la possibilità (derogando al comma 1) di superare il divieto delle miscelazioni fra rifiuti pericolosi con diverse caratteristiche di pericolo e fra rifiuti pericolosi e non pericolosi mediante apposita autorizzazione: derivandone logicamente che le attività di miscelazione non vietate[1] non debbano essere autorizzate.
Regione Lombardia, impugnando la disposizione di cui al citato comma 3-bis (più correttamente: impugnando l’art. 49, L. 28 dicembre 2015, n. 221, che il comma 3-bis aveva introdotto), ha innanzitutto osservato che tale “liberalizzazione” delle miscelazioni non vietate si pone in contrasto (disponendo, addirittura, l’impossibilità di sottoporre l’operazione di miscelazione a limitazioni in sede autorizzatoria) con l’art. 23 della Direttiva 2008/98/CE, secondo cui ogni impresa che intenda effettuare trattamento di rifiuti ha l’obbligo di ottenere l’autorizzazione dell’Autorità competente.
La Regione sostiene inoltre che dalla violazione della Direttiva discende una lesione indiretta delle competenze costituzionali regionali (essendo la norma statale idonea a comprimere l’autonomia legislativa e amministrativa in materie -come la tutela della salute e la tutela e sicurezza del lavoro- di competenza della Regione).
In accoglimento del predetto ricorso, la Consulta afferma che la miscelazione debba essere pacificamente considerata quale operazione di trattamento di rifiuti, anche in virtù del fatto che, nella versione inglese della Direttiva 2008/98/CE, il termine “mixing” è espressamente richiamato nella nota relativa alle operazioni R12 e D13 (di cui rispettivamente agli Allegati I e II alla Direttiva), che individuano le operazioni di recupero e smaltimento (dunque di trattamento) che devono essere oggetto di autorizzazione da parte dell’Autorità competente.
Questa sentenza della Corte Costituzionale è destinata a produrre effetti, nella prassi operativa, tali da superare i confini regionali entro i quali il contenzioso è sorto: la dichiarazione di incostituzionalità del comma 3-bis in commento (e quindi il venir meno della sua efficacia) può infatti determinare l’obbligo di dotare di autorizzazione tutte le attività di miscelazione, comprese quelle di rifiuti pericolosi aventi le stesse caratteristiche di pericolo, e quelle di rifiuti non pericolosi.
Inoltre, sorgono interrogativi in merito alla eventuale preclusione delle attività di miscelazione prive di autorizzazione, tuttora operative in virtù della precedente prassi, pacificamente seguita, basata sull’assenza di autorizzazione in caso di miscelazioni non vietate.
Si ritiene pertanto fondamentale porre attenzione alla gestione degli spazi adibiti in azienda a deposito temporaneo di rifiuti. Di seguito, alcune esemplificazioni.
- Miscelazione di rifiuti pericolosi con le stesse caratteristiche di pericolo: fino a prima della sentenza, ai fini di razionalizzazione del deposito temporaneo e di risparmio sul trasporto, l’azienda non aveva problemi a miscelare (cioè a depositare nello stesso spazio e a far portar via con lo stesso carico) rifiuti pericolosi aventi identiche caratteristiche di pericolo (ovviamente sulla base del presupposto che sostanze con la stessa caratteristica di pericolo non sono suscettibili di reazione pericolosa se mischiate). Dopo la sentenza della Corte Costituzionale è invece necessaria l’autorizzazione.
- Miscelazione di rifiuti non pericolosi con non pericolosi: pensiamo al caso in cui, in fasi diverse dell’attività aziendale, siano generati flussi distinti di rifiuti di imballaggio in materiali misti (ad es., plastica, vetro, cartone, pancali in legno), che però vengono buttati nello stesso cassone, per essere avviati a recupero/smaltimento tutti assieme, mischiati: adesso questo non è più possibile, è necessaria l’autorizzazione.
- Generazione di flusso di rifiuti in origine disomogeneo: se invece viene generato un flusso disomogeneo di rifiuti, per cui il carico che arriva sul camion dell’azienda trasporti, fin dall’inizio è costituito da imballaggi in materiali misti, non è necessaria alcuna autorizzazione: non servono tanti FIR quanti sono i CER relativi alle singole tipologie di imballaggio (plastica, vetro, cartone, etc.); se non c’è una miscelazione ex post, ma un flusso di rifiuti da imballaggi non pericolosi, “misto fin dall’inizio”, il trasporto si potrà fare con il FIR che riporta un unico CER (nel caso dato, 15.01.06).
[1] Cioè le miscelazioni tra rifiuti aventi le stesse caratteristiche di pericolosità o tra rifiuti non pericolosi.