Tecnologia

  • Il progetto SHIP - Sustainable, Healthy and Inclusive furniture and games for Parks è stato finalizzato allo sviluppo di attrezzature e tecnologie per i parchi atte a favorire la messa in campo di azioni e pratiche di sostenibilità ambientale, sociale e culturale, considerando il parco non più come semplice luogo per una utilizzazione puramente estetica e passiva, ma come spazio per costruire nuovi modelli educativi e azioni protese al benessere psicofisico e sociale dei cittadini.

    E’ stato progettato un eco-percorso costituito da elementi di arredo urbano e stazioni fitness, il tutto perfezionato per la massima accessibilità e inclusività. Il percorso è stato prototipizzato anche in scala reale presso il Parco Fornace Morandi a Padova.

    Il partenariato di progetto è composto dalle seguenti aziende:

    • COOP. SERVICES S.C.R.L.
    • EURO VENETA SRL (aderente a Veneto Green Cluster che partecipa al progetto)
    • FONDAZIONE FENICE O.N.L.U.S. (aderente a Veneto Green Cluster che partecipa al progetto)
    • GRUPPO L'INCONTRO SCSC
    • MYWOOD S.R.L.

    è stato guidato e affiancato dall’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA - Human Inspired Technology Research Centre.

    Il progetto è stato cofinanziato dalla Regione del Veneto - POR FESR 2014-2020, Bando per il sostegno a progetti sviluppati da aggregazioni di imprese ASSE 1 “RICERCA, SVILUPPO TECNOLOGICO E INNOVAZIONE” AZIONE 1.1.4 “Sostegno alle attività collaborative di R&S per lo sviluppo di nuove tecnologie sostenibili, di nuovi prodotti e servizi” DGR n. 711 del 28 maggio 2019.

    I risultati del progetto, volti alla creazione di prodotti realizzati con materiale di recupero inclusivi, sicuri, utili al benessere degli utenti, comporteranno un incremento di competitività delle RIR Smart Manufacturing (Veneto Green Cluster), Sustainable Living (ICT for Smart and Sustainable Living, ICT4SSL), e Creative Industries (EUTEKNOS), sostenitrici il progetto. Infatti, le aziende che aderiscono a ciascuna di queste filiere produttive hanno la possibilità di interagire e condividere strategicamente il proprio know-how per la realizzazione di prodotti innovativi, accessibili, inclusivi, sicuri ed ecosostenibili. Il partenariato si configurerà dunque come un sistema aperto con l’obiettivo dichiarato di coinvolgere un gruppo sempre più cospicuo di aziende e industrie del territorio che dimostrino elevato interesse nelle macro-aree del Smart Manufacturing, Sustainable Living e Creative Industries. Tali aziende infatti dovranno possedere elevate competenze nell’ambito del design e sviluppo di prodotti e servizi che si caratterizzino in termini di sostenibilità ambientale/energetica e sociale.

    Il progetto, inoltre, rappresenta un esempio raro di transizione verso un’economia circolare in cui il modello di business riesce a coniugare gli interessi di imprese industriali, artigianali e del terzo settore, con una forte esigenza di innovazione sociale. In questo senso, SHIP può diventare estremamente significativo e di vera ispirazione per molte imprese, comprese start up innovative, che ricercano nuove opportunità di business nell’ambito dell’economia circolare.

  • Il 12 dicembre, il Parlamento Europeo ha dato il via libera definitivo al Critical raw materials act, la proposta di regolamento finalizzato a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche, per la fornitura dei quali oggi l’Unione Europea è largamente dipendente da Paesi terzi.
    Il testo presenta 34 materie prime critiche (elementi, minerali e metalli indispensabili alla doppia transizione, ecologica e digitale) ed elenca un sottogruppo di 17 materie prime critiche definite strategiche in base a valutazioni che riguardano “l’importanza strategica, la crescita prevista della domanda e la difficoltà di aumentare la produzione”. Comprendono, tra le altre: cobalto, rame, litio, grafite naturale, nichel, alluminio, elementi delle terre rare per magneti.
  • Tramite una collaborazione tra LanzaTech, Total e L'Oréal, è stato sviluppato un nuovo sistema per produrre bottiglie in plastica. Il punti di partenza è lo sfruttamento delle emissioni di anidride carbonica tramite un processo, suddiviso in tre passaggi, uno per partner, che converte le emissioni industriali in packaging sostenibile e economico.

    Il primo passaggio è gestito da LanzaTech, realtà presente in tutto il mondo che, tra le varie attività, cattura e ricicla il carbonio dei gas di scarico. In questo caso LanzaTech cattura le emissioni di anidride carbonica di un'acciaieria tramite tecniche CCU - Carbon Capture Utilization - e le converte in etanolo. Il processo richiede l'utilizzo di batteri aceto genici: questi batteri sono in grado di vivere nei substrati di CO2 e di H2, utilizzando l'anidride carbonica come nutrimento. Come effetto del loro metabolismo si ha la produzione di etanolo.

    Il secondo passaggio vede come protagonista Total. Tramite un processo di disidratazione da loro sviluppato, l'etanolo viene convertito in etilene e poi polimerizzato in polietilene. Questo prodotto conserva le stesse caratteristiche del polietilene generato da fonti fossili.

    L'Oréal si occupa infine di trasformare il polietilene in un packaging riciclato e riciclabile per i propri prodotti.. Tutto questo rappresenta un esempio virtuoso per la realizzazione di materiale in plastica, per la promozione di sinergie industriali tra attori di diversi settori, con attenzione alla sostenibilità.
  • Da tempo si parla del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, la cui fattibilità passa ovviamente dal settore energetico. Uno degli elementi più importanti per raggiungere un bilancio climatico neutro è l'idrogeno verde, idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Proprio per questo la ricerca sta puntando su nuovi sistemi di produzione per l'idrogeno. Ora, con il nuovo brevetto dell'ENEA, l'agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, si fa un ulteriore passo avanti verso la produzione di idrogeno verde.

    Come spiega Silvano Tosti, responsabile del laboratorio Tecnologie nucleari dell'ENEA, l'idea da cui si parte è la scissione della molecola d'acqua nelle sue due componenti, idrogeno e ossigeno, attraverso la decomposizione termica. Processo che, però, richiede temperature elevatissime, tra i 3.000°C e i 4.000°C. Il lavoro dei ricercatori ha portato alla realizzazione di una camera di reazione con al suo interno due membrane, una in tantalio per separare l'idrogeno, una in ceramica per l'ossigeno. In questo modo le temperature per la scissione dell'acqua risultano significativamente abbassate, fino a 1.900°C.

    Una temperatura ancora molto elevata; da qui nasce una seconda proposta: l'unione di questi reattori a membrana con impianti solari a concentrazione, in grado di raggiungere temperature più elevate rispetto ai normali impianti solari.

    Nel futuro si conta di utilizzare in maniera diretta l'energia solare per la produzione di idrogeno e ossigeno. Come afferma Tosti, il fotovoltaico trasforma circa il 20% dell'energia solare in energia elettrica e, con gli elettrolizzatori, si ha una conversione di energia elettrica in idrogeno con una efficienza vicina al 50%. Combinando i due sistemi la resa di produzione di idrogeno da energia solare sarebbe pari al 10% mentre con il nuovo brevetto di arriverebbe al 20%. Con l'ulteriore vantaggio di costi di investimento notevolmente più contenuti.
  • Il progetto RESPIRARE condotto da Elite Ambiente srl ha rappresentato un significativo contributo al campo del monitoraggio ambientale, introducendo un approccio innovativo basato sull'utilizzo di droni equipaggiati con sensori specifici per la valutazione della qualità dell'aria in contesti ad alto impatto ambientale, quali i siti di gestione dei rifiuti.

    Contesto e motivazioni

    La crescente preoccupazione per la salute pubblica e l'impatto ambientale delle attività umane ha stimolato la ricerca di strumenti analitici sempre più sofisticati e precisi per la quantificazione degli inquinanti atmosferici. I tradizionali sistemi di monitoraggio, basati su stazioni fisse, presentano limitazioni in termini di risoluzione spaziale e temporale, risultando inadeguati per catturare la variabilità spaziale e temporale delle concentrazioni inquinanti.

    Obiettivi e metodologia

    Il progetto RESPIRARE si è posto l'obiettivo di superare tali limitazioni, sviluppando un sistema di monitoraggio aeromobile in grado di fornire mappe dettagliate della distribuzione degli inquinanti atmosferici. A tal fine, sono stati selezionati droni di ultima generazione equipaggiati con sensori in grado di rilevare una vasta gamma di inquinanti, dai particolati ai composti organici volatili (VOC).

    Sono stati definiti protocolli rigorosi per la pianificazione delle campagne di misura, la raccolta dei dati e la loro successiva elaborazione. I dati raccolti sono stati integrati con modelli matematici di dispersione atmosferica per simulare la distribuzione degli inquinanti nell'ambiente e valutare l'impatto sulla qualità dell'aria.

    Risultati e impatto

    I risultati ottenuti dal progetto sono estremamente promettenti. Le mappe ad alta risoluzione generate dai droni hanno permesso di identificare con precisione le zone più critiche in termini di concentrazione di inquinanti e di individuare le potenziali fonti di emissione.

    L'integrazione dei dati sperimentali con modelli matematici ha consentito di valutare l'impatto delle emissioni sulla salute umana e sull'ambiente, fornendo una base scientifica per la definizione di misure di mitigazione.

    A livello applicativo, i risultati del progetto possono essere utilizzati per ottimizzare i processi industriali, ridurre le emissioni inquinanti e migliorare la gestione ambientale dei siti di stoccaggio dei rifiuti.

    Prospettive future

    Il progetto RESPIRARE ha aperto la strada a numerose opportunità future:

    • Standardizzazione delle metodologie: È necessario sviluppare standard e linee guida per garantire la comparabilità dei dati raccolti con i droni e facilitare l'integrazione di questa tecnologia nei sistemi di monitoraggio ambientale esistenti.
    • Integrazione con altre tecnologie: I droni possono essere integrati con altre tecnologie, come i satelliti e le stazioni a terra, per ottenere una visione più completa della qualità dell'aria.
    • Applicazioni in altri settori: Le metodologie sviluppate nel progetto RESPIRARE possono essere applicate ad altri settori, come l'agricoltura, la forestazione e la gestione delle emergenze.
    • Sviluppo di servizi: La creazione di servizi basati sui dati raccolti dai droni può offrire nuove opportunità di business per le aziende operanti nel settore ambientale.

    Conclusioni

    Il progetto RESPIRARE ha dimostrato l'efficacia dell'utilizzo dei droni per il monitoraggio della qualità dell'aria, aprendo nuove prospettive per la ricerca e l'innovazione nel campo ambientale. Questa tecnologia innovativa può contribuire a migliorare la comprensione dei processi di inquinamento atmosferico e a sviluppare strategie più efficaci per la tutela della salute umana e dell'ambiente.

  • L'ISO ha appena pubblicato una serie di norme (ISO 59000) dedicate all'economia circolare, un modello economico che mira a mantenere un flusso continuo di risorse. Queste norme, frutto di oltre cinque anni di lavoro da parte di esperti provenienti da 100 paesi, offrono un quadro completo e pratico per le organizzazioni che vogliono abbracciare la sostenibilità.

    Cosa contengono queste norme?

    • ISO 59004: Definisce i termini chiave, i principi fondamentali e fornisce una guida passo-passo per implementare l'economia circolare.
    • ISO 59010: Si concentra sulla trasformazione dei modelli di business da lineari a circolari, aiutando le aziende a valutare le loro attuali pratiche e a sviluppare nuove strategie.
    • ISO 59020: Stabilisce un metodo standardizzato per misurare e valutare le prestazioni di circolarità, garantendo risultati coerenti e verificabili.
    • ISO/TR 59032: Offre approfondimenti sulle reti del valore, complementando la norma ISO 59010.

    Perché sono importanti? Queste norme rappresentano un punto di riferimento internazionale per le aziende che vogliono adottare pratiche più sostenibili. Forniscono un linguaggio comune, strumenti e metodologie per misurare i progressi verso un'economia più circolare.

  • Il progetto INERTEX ha perseguito la determinazione e standardizzazione dei processi di miscelazione, attraverso lo studio e la redazione di linee guida dei processi di miscelazione, che costituiranno utili strumenti anche per gli Enti autorizzatori che sono sempre impegnati ad individuare nuove metodiche alternative e migliorative da segnalare agli operatori di settore. Sono state elaborate le linee guida che tengono conto delle sperimentazioni effettuate nel progetto. Per dettagli e documentazione si rimanda alla SEZIONE PROGETTI del sito ICER.

    Dalle “Linee guida recanti i criteri per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili ex art. 3, comma 2 del decreto legislativo 372/99” [1] “i processi di inertizzazione (ed in particolare i cosiddetti processi di “stabilizzazione e solidificazione”) sono impiegati nel trattamento di una vasta gamma di rifiuti pericolosi e non pericolosi e consentono di ridurre sensibilmente il rilascio di alcune sostanze inquinanti presenti nel rifiuto stesso, attraverso la formazione di composti insolubili che creano una struttura polimerica o cristallina stabile, in grado di imprigionare gli elementi tossici (stabilizzazione); tali processi, inoltre, migliorano le caratteristiche del rifiuto facilitandone la gestione, in quanto quest’ultimo viene trasformato in un prodotto solido, in genere con buona resistenza meccanica e bassa permeabilità. Il processo di stabilizzazione agisce sullo stato chimico-fisico dei rifiuti per mezzo di appositi additivi modificando la pericolosità delle sostanze contenute nei rifiuti stessi e trasformando, in genere, i rifiuti pericolosi in rifiuti non pericolosi.

    Se, in seguito al processo di stabilizzazione, le componenti pericolose non vengono completamente trasformate in sostanze non pericolose e possono risultare ancora disperdibili nell’ambiente nel breve, medio o lungo periodo il rifiuto è, invece, da considerarsi solo parzialmente stabilizzato.

    In tutti i processi di inertizzazione, si procede alla miscelazione del rifiuto o del terreno contaminato con leganti o altri reagenti chimici; gli additivi utilizzabili possono essere sia di natura inorganica che organica.

    I processi di inertizzazione possono costituire l'unica fase di trattamento del rifiuto liquido o solido o del terreno contaminato, ovvero essere adottati come trattamenti integrativi di altri processi (per esempio di lavaggio o incenerimento).

    In ogni caso, essi sono classificabili, a seconda dei reagenti utilizzabili, in:

    1.Processi a base di reagenti inorganici (cemento - a base neutra o acida, calce, argilla);

    2.Processi a base di reagenti organici (sostanze termoplastiche, polimeri organici, composti macroincapsulanti).”

    Dalle linee guida in materia di miscelazione rifiuti (art. 187 D. Lgs 152/2006) vi sono: 

    • Miscelazione non in deroga
    • Miscelazione in deroga 

    Per le miscelazioni di deroga “i soggetti che intendono effettuare operazioni di miscelazioni non in deroga di cui all’art. 187 D. Lgs. 152/2006 dovranno richiedere opportuna autorizzazione allegando la seguente documentazione: 

    1. Dettagliata relazione tecnica contenente: 
    • una esaustiva illustrazione circa la convenienza ambientale dell’operazione di miscelazione;
    • le misure da adottare in materia di sicurezza ed igiene degli ambienti di lavoro e di tutela della salute umana e dell’ambiente;
    • le aree dedicate, le attrezzature, gli impianti e le modalità operative e la finalità del trattamento;
    • la potenzialità dell’impianto di miscelazione, espressa sia in t/g che in t/a;
    • la provenienza dei rifiuti da miscelare;
    • i CER, le caratteristiche di pericolosità (classe H) e lo stato fisico dei rifiuti da miscelare
    • il CER da attribuire alla miscela ottenuta;
    • il tipo di operazione cui sarà destinata la miscela 
    1. Scheda di miscelazione da compilare per ogni gruppo di rifiuti da miscelare.  

    Mentre per le miscelazioni in deroga al divieto generale di cui al comma 1 dell’art. 187 D. Lgs 152/2006, “la miscelazione può essere autorizzata a condizione che: 

    • sia effettivamente dimostrato, nella relazione tecnica presentata, il rispetto delle condizioni di cui all'art. 177, comma 4 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.,e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;
    • l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli art. 208, 209 e 211 del d.lgs. 152/06 ovvero una Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA);
    • sia effettivamente dimostrato, nella relazione tecnica presentata, che l’operazione di miscelazione è conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’art. 183, c.1, lettera nn) D.Lgs. 152/06;
    • l’operazione non può consistere né in una diluizione né in una miscelazione che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto e determini la declassificazione da rifiuto pericoloso a non pericoloso.” 

    Per delineare e progettare il workflow del software INERTEX sono state prese in considerazione delle precise definizioni presenti nel” regolamento all'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché le seguenti: 

    • "rifiuti inerti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione": i rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione identificati al capitolo 17 dell'elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/Ce del 3 maggio 2000, ove elencati nell'Allegato 1, Tabella 1, punto 1, del presente regolamento;
    • "altri rifiuti inerti di origine minerale": i rifiuti non appartenenti al capitolo 17 dell'elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/Ce ed elencati nell'Allegato 1, Tabella 1, punto 2, del presente regolamento;
    • "rifiuti inerti": i rifiuti solidi derivanti dalle attività di costruzione e demolizione e altri rifiuti di origine minerale che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa, che non si dissolvono, non bruciano, non sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili, e che, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana;
    • "aggregato riciclato": aggregato minerale risultante dal recupero di rifiuti di materiale inorganico precedentemente utilizzato nelle costruzioni;
    • "aggregato artificiale": aggregato di origine minerale risultante dal recupero di rifiuti derivante da un processo industriale che implica una modificazione termica o di altro tipo;
    • "aggregato recuperato": aggregato riciclato o artificiale prodotto dai rifiuti di cui alle lettere a) e b) che hanno cessato di essere tali a seguito di una o più operazioni di recupero nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 184-ter, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, e delle disposizioni del presente regolamento;
    • "lotto di aggregato recuperato": un quantitativo non superiore ai 3.000 metri cubi di aggregato recuperato:
    • "produttore di aggregato recuperato" o "produttore": il gestore dell'impianto autorizzato per la produzione di aggregato recuperato:
    • "dichiarazione di conformità": la dichiarazione sostitutiva di certificazioni e dell'atto di notorietà rilasciata dal produttore ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e attestante le caratteristiche dell'aggregato recuperato:
    • "autorità competente": l'autorità che rilascia l'autorizzazione ai sensi del Titolo III-bis della Parte Il o del Titolo 1, Capo 1V, della Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006. ovvero l'autorità destinataria della comunicazione di cui all'articolo 216 del medesimo decreto legislativo.” 

    Il workflow per la progettazione del software INERTEX, prevede la suddivisione e il raggruppamento di miscele con sostanze tra loro compatibili partendo dalla distinzione tra rifiuti di smaltimento o recupero, stato fisico, pH, pericolosità (HP) ed infine la presenza di inquinanti e valori limite. Questo permette di determinare e standardizzare dei processi di miscelazione per aziende ed Enti autorizzati del settore, promuovendo una valutazione sostenibile, a basso impatto ambientale, in linea con i valori dell’economia circolare e con la bozza del nuovo regolamento nazionale (luglio 2024) sulla cessazione della qualifica di rifiuto per gli inerti (End of Waste).

     Per delineare il progetto INERTEX sono state prese in considerazione le linee guida in materia di miscelazione di rifiuti (art. 187 D. Lgs 152/2006) all’interno di impianti soggetti ad autorizzazione unica di cui all’art. 208 D.Lgs 152/2006 Parte IV e alle operazioni di miscelazione da effettuare all’interno di impianti soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.) di cui al D. Lgs152/2006 Parte II Titolo III-bis.

    “Ai fini delle presenti linee guida si intende per: 

    • Accorpamento: unione di rifiuti aventi medesimo codice CER al fine di ottimizzarne il trasporto successivo. L’accorpamento non comporta l’attribuzione di un diverso codice CER.
    • Diluizione: particolare tipo di miscelazione, espressamente non consentita neppure come “miscelazione in deroga” dall’art. 185 co. 5-ter D. Lgs 152/2006, che consiste in una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto, attuata al solo fine di ottenere la declassificazione del rifiuto da pericoloso a non pericoloso.
    • Miscelazione: unione di rifiuti aventi diverso codice CER ma medesimo stato fisico al fine di inviare la miscela ottenuta ad un diverso impianto di smaltimento o recupero. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose. L’operazione di miscelazione comporta l’attribuzione di un diverso codice CER. La miscelazione di cui alla presente definizione è autorizzata come operazione R12 ovvero D13.
    • Miscelazione non in deroga: miscelazione di rifiuti pericolosi aventi medesime caratteristiche di pericolosità ovvero miscelazione di rifiuti non pericolosi.
    • Miscelazione in deroga: miscelazione di rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero miscelazione di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.
    • Partita di rifiuti: quantità di miscela omogenea per cui si è effettuata la prova di miscelabilità.
    • Tecnico responsabile: soggetto che assume tale incarico in sede di rilascio di autorizzazione alla gestione dei rifiuti. “

    Attraverso queste è possibile combinare rifiuti con diverso codice CER, ma con lo stesso stato fisico.

    Alla base del progetto INERTEX vi sono i valori dell’economia circolare, quindi la predilezione a massimizzare, ove possibile, il recupero e il riciclo dei rifiuti a fine vita affrontando il tema della riduzione della pericolosità dei rifiuti industriali che determinano impatti significativi e immediati sull’ambiente. Questo filone è ripreso anche nella bozza del nuovo Decreto Inerti che riesamina i limiti sulla presenza di contaminanti negli aggregati recuperati, facilitando il processo di recupero senza compromettere la sicurezza ambientale, portando a processi di recupero più efficienti trasformando i rifiuti inerti in prodotti riutilizzabili. Tale sviluppo comporta un incremento del tasso di riciclo e un’espansione del mercato degli aggregati recuperati sostituendo i materiali inerti naturali in varie applicazioni edili e infrastrutturali.

    Alla base del progetto, inoltre, vi è la sicurezza dei lavoratori: è vietata la miscelazione di rifiuti che possa causare una dannosa ripercussione sugli operatori, come una miscelazione che sviluppa gas tossici o molesti, come reazioni esotermiche e di polimerizzazione.

    Nel caso il recupero/ripristino della miscela di rifiuti non sia tecnicamente o economicamente fattibile, la miscelazione può essere effettuata al fine di garantire il corretto smaltimento dei rifiuti in discarica, rispettando però, l’art. 2 del D.M. 27/09/2010.

    Seguendo queste linee guida è stato sviluppato il workflow precedentemente riassunto, prestando particolare attenzione alla destinazione del rifiuto e alle caratteristiche chimico-fisiche per la miscelazione.

    Le operazioni di miscelazione sono effettuate a cura e sotto la responsabilità del Tecnico Responsabile dell'impianto, il quale deve esperire tutte le verifiche necessarie sulla natura, compatibilità e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti. L'esito della verifica deve essere annotato nel registro di miscelazione, nel quale sono registrate le miscelazioni effettuate (R12 o D13), e la precedente operazione di carico (dallo stoccaggio D15 o dal ricondizionamento D13 per l'operazione di miscelazione D13, dalla messa in riserva R13 per l'operazione di miscelazione R12) con l’annotazione delle tipologie (CER e, per i rifiuti pericolosi la caratteristica di pericolosità di cui all'allegato I alla Parte quarta del D.lgs. 152/06 e s.m.i.) e le quantità dei rifiuti miscelati con il CER attribuito alla miscela risultante riportando la codifica della cisterna, serbatoio, contenitore o area di stoccaggio in cui è stata collocata.

    Quando una partita di rifiuti viene smaltita attraverso una operazione di miscelazione, come descritto in precedenza, bisogna tenere in considerazione una prima operazione di classificazione: 

    • R12 qualora la miscela di rifiuti ottenuta sia da destinare a recupero;
    • D13 qualora la miscela di rifiuti ottenuta sia da destinare a smaltimento. 

    Quando non è possibile fare questa differenziazione vengono attribuiti alle miscele ottenute codici CER della famiglia 19 (Rifiuti prodotti da impianti di trattamento rifiuti...). Qualora tra i rifiuti da miscelare vi sia anche un solo rifiuto pericoloso (Definizione art. 183 D. Lgs 152/2006: rifiuto che presenta una o piu' caratteristiche di cui all'allegato / della parte quarta del presente decreto) il CER da attribuire alla miscela deve essere pericoloso.

    La miscelazione di rifiuti destinati allo smaltimento in discarica può essere fatta solo nel caso in cui i rifiuti originari posseggono già, prima della miscelazione, le caratteristiche di ammissibilità in discarica; tale condizione dovrà essere accertata nella caratterizzazione di base di cui all'art. 2 del D.M. 27/09/2010.

    Per la miscelazione bisogna tenere anche in considerazione l’Art. 187, comma 1 d. Igs 152/06, che vieta la miscelazione di rifiuti pericolosi aventi caratteristiche di pericolosità (HP) differenti e di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi, precisando che la miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

    Una volta ottenute queste prime classificazioni di compatibilità, in base alla destinazione, codice CER, viene diminuito il potenziale inquinante attraverso analisi chimico-fisiche per determinare una miscelazione sicura, per esempio andando a valutare la compatibilità del pH, e la pericolosità(HP) ed infine la presenza di inquinanti e valori limite tenendo in considerazione i seguenti regolamenti presenti nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea: 

    • REGOLAMENTO (UE) 2019/636 DELLA COMMISSIONE del 23 aprile 2019 recante modifica degli allegati IV e V del regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli inquinanti organici persistenti;
    • REGOLAMENTO (UE) 2019/1021 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 giugno 2019 relativo agli inquinanti organici persistenti (rifusione);
    • REGOLAMENTO (UE) 2022/2400 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 novembre 2022 recante modifica degli allegati IV e V del regolamento (UE) 2019/1021 relativo agli inquinanti organici persistenti. 

    Nello specifico sono stati presi in considerazione i parametri per l’elaborazione delle procedure di inertizzazione di fanghi da galvanica, polveri di alluminio, polveri a base di Magnesio metallico e una netta separazione della sedimentazione di solidi sospesi su rifiuti liquidi attraverso una miscelazione tra rifiuti.

    Oltre ai tre regolamenti citati sono state valutate anche le “Linee guida recanti i criteri per l’individuazione e

    l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili ex art. 3, comma 2 del decreto legislativo 372/99” che trattano l’impatto ambientale e la gestione in impianti di trattamento chimico-fisico dei rifiuti solidi classificandoli in:

    1. Inertizzazione che comprende: la stabilizzazione/solidificazione ed i trattamenti termici ad alta temperatura;
    2. Altri trattamenti che comprendono: l’estrazione e separazione, il desorbimento termico, la disidratazione, la separazione meccanica.

    Questi processi generalmente prendono in considerazione operazioni di pretrattamento per un successivo recupero o smaltimento del rifiuto.

  • Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (ex MISE) con la Circolare direttoriale 6 dicembre 2022, n. 410823 recante “Nuova Sabatini. Termini e modalità presentazione domande per concessione ed erogazione contributi”, ha definito le modalità di presentazione delle domande di agevolazione che possono accedere alla maggiorazione del contributo del 30% prevista per gli investimenti green (Comunicato in GU n. 293 del 16-12-2022).

    La Circolare fornisce le istruzioni necessarie alla corretta attuazione dell’intervento, nonché gli schemi di domanda e di dichiarazione e l’ulteriore documentazione che le imprese sono tenute a presentare per poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla misura, con decorrenza dal 1° gennaio 2023.

  • Il PET - Polietilene Tereftalato - è la seconda tipologia di plastica più utilizzata in tutto il mondo. La raccolta, con il successivo trattamento di recupero, rappresenta un mercato già ben radicato in varie aree, principalmente in Europa, Stati Uniti e Giappone e oggigiorno sta prendendo il via anche in Cina.

    La lavorazione tradizionale dei rifiuti in PET ha per sua natura dei limiti e comporta delle problematiche non di poco conto. Innanzi tutto il trattamento, al giorno d'oggi, avviene esclusivamente mediante processi meccanici finalizzati al riutilizzo del materiale. Il prodotto, tramite questa lavorazione, tende naturalmente a degradarsi; se a questo aggiungiamo l'eterogeneità dei rifiuti solidi in plastica e la difficoltà nel separarne i vari tipi, il prodotto finale sarà di qualità bassa.

    A questo punto parte del materiale, quello più complesso e degradato, sarà smaltito in discarica o bruciato nei termovalorizzatori.

    Il progetto DEMETO - Depolymerization by Microwave Technology - rappresenta forse la nuova via per il trattamento dei rifiuti in PET. Sostenuto da 13 diversi partner europei, guidati da GR3N, azienda proprietaria del brevetto, all'interno del programma Horizon 2020, offre in alternativa al classico trattamento meccanico del rifiuti, la possibilità di effettuare un trattamento di recupero chimico efficiente.

    A differenza dei tradizionali metodi di trattamento chimico, poco convenienti, l'utilizzo delle micro onde richiede un costo e un tempo di lavorazione minore, ridotto da 180 a 10 minuti, con notevoli vantaggi; in particolare la possibilità di scindere la plastica nelle sue due componenti- Glicole Etilenico e Acido Tereftalico - così da poter formare nuovi polimeri vergini. Un processo che dona una vita potenzialmente infinita al PET.

    La convenienza derivante da questo metodo è evidente: necessità azzerata di nuovo materiale vergine e un impatto ecologico di gran lunga minore. Secondo il Life Cycle Assesment si ha una riduzione nella produzione di CO2 e del consumo di energia rispettivamente del 60 e 68%.

    Allo stato attuale, dopo una fase di sperimentazione durata tre anni, GR3N è alla ricerca di investitori per aprire un impianto pilota a grandezza naturale, per una fase che durerà tre anni.
  • Chi lavora nel recupero e trattamento dei rifiuti, di qualunque tipologia essi siano, sa bene come le impurità siano problematiche e difficili da gestire. Se il materiale da lavorare è ricco di impurità, le conseguenze possono essere una scarsa qualità del prodotto rigenerato/recuperato o, addirittura, l'impossibilità di recuperarlo.

    Il progetto Saturno è un percorso avviato nel 2019, dalla durata di 30 mesi, finanziato dalla regione Piemonte con 13,6 milioni di euro. Tra gli attori coinvolti nel progetto ci sono partner industriali quali, ad esempio, Gaia Spa e partner accademici come il Politecnico di Torino. Il progetto è partito dalla realizzazione di una bioraffineria per il trattamento e la conversione dei rifiuti organici e della CO2 in biocarburanti, biofertilizzanti e prodotti biochimici. Più in generale l'obiettivo del progetto è lo sviluppo di un approccio integrato e circolare della produzione.

    Nell'ambito del progetto due partner, Gaia Spa e Entsorga, hanno progettato e collaudato un nuovo prototipo di selettore ottico.

    Il materiale in ingresso all'impianto di riferimento è costituito principalmente da FORSU - Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani -; all'interno di questi rifiuti, inevitabilmente, sono presenti delle impurità di tipo plastico, impurità che portano a un prodotto finale - parliamo di un processo di compostaggio - di scarsissima qualità. Secondo le ultime analisi merceologiche effettuate da Gaia, il materiale ha all'interno mediamente il 14,2% di impurità.

    Con il nuovo macchinario sarà possibile riconoscere e separare il materiale. Il sensore ottico, infatti, è in grado di riconoscere i diversi polimeri plastici così da permettere poi la separazione dalla frazione organica; il materiale plastico sarà poi utilizzato dai diversi partner di progetto per ulteriori processi sperimentali di riciclo.
  • La Commissione ha pubblicato un nuovo report del JRC (Joint Research Centre) dal titolo “Exploring foresight scenarios for the EU bioeconomy".
    Il documento si configura come la sintesi di quanto emerso in seguito ad una riflessione strategica sulla bioeconomia, effettuata nel corso del biennio 2022-2023, attraverso uno strumento innovativo costituito da un gioco di ruolo che ha coinvolto 100 soggetti appartenenti al settore (esperti e non esperti), provenienti da 17 paesi diversi, per esplorare i possibili sviluppi della bioeconomia entro il 2050 all’interno di 4 scenari predefiniti.
    L’esercitazione ha voluto far emergere i futuri fattori abilitanti per una bioeconomia sostenibile. Il risultato ha portato all’elaborazione di raccomandazioni al fine di contribuire all’aggiornamento della strategia dell’UE da sviluppare nel corso del 2024:
    • costituire un quadro politico consistente, stabile e coerente;
    •promuovere la collaborazione trai soggetti interessati nel settore;
    •costruire azione inclusive e rivitalizzanti;
    •investire in opportunità di apprendimento e di sviluppo;
    •sbloccare gli investimenti;
    •coinvolgere i cittadini nel processo decisionale.
    Ne consegue l’elaborazione di una strategia che miri a realizzare una visione a lungo termine di una bioeconomia sostenibile, proiettando i risultati al futuro fino al 2050.

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