In questa pagina sono pubblicati articoli di divulgazione scientifica relativi a tematiche di attualità nell’ambito dell’economia circolare e della sostenibilità. L’obiettivo è trasferire nozioni e ricerche accademiche in forma accessibile e di facile comprensione ad un ampio pubblico.

Gli autori sono ricercatori che operano all’interno di università o imprese e che sono coinvolti direttamente in studi o progetti di ricerca e sviluppo.

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In vigore dal 3 novembre 2019, giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la Legge 128/2019 consente, grazie alle disposizioni introdotte dall’art. 14-bis, di superare il blocco venutosi a determinare nel settore del riciclo/recupero rifiuti a causa della nota sentenza del Consiglio di Stato 1229/2018, nonché della riscrittura del comma 3, art. 184-ter del Codice Ambientale, operata dalla Legge di conversione (giugno 2019) del Decreto “Sblocca Cantieri”.

Dopo la famosa sentenza del Consiglio di Stato (CdS) 28 febbraio 2018, n.1229, produttiva di una paralisi del settore del recupero per l’inibizione dell’attività autorizzatoria di individuazione dei criteri per l’End of Waste “caso per caso”, il 4 luglio 2018, mentre gli operatori del settore auspicavano un intervento legislativo volto a superare il blocco delle autorizzazioni, entrava in vigore la Direttiva 2018/851/UE, recante importanti modifiche all’art. 6 della Direttiva Quadro Rifiuti (riformulazione delle modalità di individuazione dei criteri EoW), tali da consentire il superamento dell’interpretazione restrittiva adottata dalla summenzionata sentenza del CdS.

La Corte Europea di Giustizia (CGE), con sentenza 28 marzo 2019 (cause riunite C-487/17 e C-489/17), si è occupata del tema della classificazione dei rifiuti con codici a specchio, in ordine ai quali, come noto, la natura pericolosa o non pericolosa non è stabilita dalla legge, ma deve essere determinata dal produttore a seguito di specifico accertamento. Ad eliminare ogni dubbio su quale debba essere l’oggetto di tale accertamento, con la citata sentenza (emanata a seguito di Ordinanza di remissione del luglio 2017 da parte della Corte di Cassazione), la CGE è intervenuta riguardo ad un caso in cui erano stati classificati e gestiti come non pericolosi rifiuti (con codici a specchio, per l’appunto), che, in applicazione di criteri diversi, avrebbero potuto essere qualificati come...

Accogliendo il ricorso promosso da Regione Lombardia, con una recentissima sentenza n. 75 del 12 aprile scorso, la Corte Costituzionale si è pronunciata in tema di miscelazione dei rifiuti, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma di cui al comma 3-bis dell’art. 187, D.Lgs. 152/2006, con ciò determinando il possibile verificarsi di conseguenze di non poco conto, sul piano della prassi operativa.

Nella sentenza 28 febbraio 2018, n. 1229, il Consiglio di Stato ha sancito che, con riferimento all’art. 6 della Direttiva Quadro Rifiuti (Dir. 2008/98/CE), i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, in mancanza di provvedimenti comunitari, possono essere definiti dal singolo Stato membro, il quale non può tuttavia attribuire questo potere ad enti/organizzazioni interne; ciò significa, per l’Italia, non poter delegare le Regioni.

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