In questa pagina sono pubblicati articoli di divulgazione scientifica relativi a tematiche di attualità nell’ambito dell’economia circolare e della sostenibilità. L’obiettivo è trasferire nozioni e ricerche accademiche in forma accessibile e di facile comprensione ad un ampio pubblico.

Gli autori sono ricercatori che operano all’interno di università o imprese e che sono coinvolti direttamente in studi o progetti di ricerca e sviluppo.

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Dopo la famosa sentenza del Consiglio di Stato (CdS) 28 febbraio 2018, n.1229, produttiva di una paralisi del settore del recupero per l’inibizione dell’attività autorizzatoria di individuazione dei criteri per l’End of Waste “caso per caso”, il 4 luglio 2018, mentre gli operatori del settore auspicavano un intervento legislativo volto a superare il blocco delle autorizzazioni, entrava in vigore la Direttiva 2018/851/UE, recante importanti modifiche all’art. 6 della Direttiva Quadro Rifiuti (riformulazione delle modalità di individuazione dei criteri EoW), tali da consentire il superamento dell’interpretazione restrittiva adottata dalla summenzionata sentenza del CdS.

La Corte Europea di Giustizia (CGE), con sentenza 28 marzo 2019 (cause riunite C-487/17 e C-489/17), si è occupata del tema della classificazione dei rifiuti con codici a specchio, in ordine ai quali, come noto, la natura pericolosa o non pericolosa non è stabilita dalla legge, ma deve essere determinata dal produttore a seguito di specifico accertamento. Ad eliminare ogni dubbio su quale debba essere l’oggetto di tale accertamento, con la citata sentenza (emanata a seguito di Ordinanza di remissione del luglio 2017 da parte della Corte di Cassazione), la CGE è intervenuta riguardo ad un caso in cui erano stati classificati e gestiti come non pericolosi rifiuti (con codici a specchio, per l’appunto), che, in applicazione di criteri diversi, avrebbero potuto essere qualificati come...

Accogliendo il ricorso promosso da Regione Lombardia, con una recentissima sentenza n. 75 del 12 aprile scorso, la Corte Costituzionale si è pronunciata in tema di miscelazione dei rifiuti, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma di cui al comma 3-bis dell’art. 187, D.Lgs. 152/2006, con ciò determinando il possibile verificarsi di conseguenze di non poco conto, sul piano della prassi operativa.

Nella sentenza 28 febbraio 2018, n. 1229, il Consiglio di Stato ha sancito che, con riferimento all’art. 6 della Direttiva Quadro Rifiuti (Dir. 2008/98/CE), i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, in mancanza di provvedimenti comunitari, possono essere definiti dal singolo Stato membro, il quale non può tuttavia attribuire questo potere ad enti/organizzazioni interne; ciò significa, per l’Italia, non poter delegare le Regioni.

Secondo le statuizioni della nota sentenza del Consiglio di Stato 28 febbraio 2018, n.1229, basata su un’interpretazione restrittiva dell’art. 6 della Direttiva Quadro Rifiuti 2008/98/CE, i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), in mancanza di provvedimenti comunitari, sono definiti dal singolo Stato membro, che può “decidere caso per caso” senza possibilità di attribuire tale potere agli enti locali decentrati (Regioni -o Province delegate-, competenti al rilascio delle autorizzazioni previste per gli impianti di trattamento e recupero rifiuti): diversamente, ne deriverebbe un contrasto con l’art. 6 della citata Direttiva e risulterebbe violato il principio della ripartizione costituzionale delle competenze fra Stato e Regioni.

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