Il 3° Rapporto sull’economia circolare 2021 del Circular Economy Network, oltre all’analisi aggiornata sullo stato dell’economia circolare in Italia, in comparazione con le altre principali economie europee, approfondisce il ruolo dell’economia circolare nella transizione alla neutralità climatica e aggiorna l’analisi delle principali misure adottate in materia a livello nazionale ed europeo.
Il focus sul ruolo dell’economia circolare nella transizione alla neutralità climatica
Sono molti gli studi e i documenti che sottolineano la rilevanza del contributo dell’economia circolare all’abbattimento delle emissioni: raddoppiando l’attuale tasso di circolarità, a livello globale si taglierebbero ben 22,8 miliardi di tonnellate di gas serra.
La Commissione europea, nel recente secondo Piano d’azione per l’economia circolare, sottolinea come con un modello lineare di economia, basato su un alto consumo di risorse e di energia, non sia possibile raggiungere la neutralità climatica. Per abbattere le emissioni di gas serra è necessario recuperare i gap di circolarità esistenti, relativi a:
- riduzione dell’utilizzo delle risorse, con la diminuzione della quantità di materiale usato nella realizzazione di un prodotto o nella fornitura di un servizio attraverso il design circolare, puntando su modelli di condivisione e sullo sviluppo della digitalizzazione;
- allungamento dell’utilizzo delle risorse, ottimizzando l’uso delle risorse e aumentando la vita del prodotto attraverso un design durevole, il ricorso a materiali e servizi che prolungano la vita dei beni, il riutilizzo, la riparazione e la rigenerazione;
- utilizzo di materie prime rigenerative, sostituendo i combustibili fossili e i materiali non rinnovabili con energie e materiali rinnovabili, mantenendo il capitale naturale e i servizi ecosistemici;
- riutilizzo delle risorse, con il riciclo dei rifiuti e il reimpiego delle materie prime seconde.
Per ciascuno di questi quattro pilastri della transizione a un’economia circolare vi sono specifici gap di circolarità colmabili a breve e medio termine con tecnologie e modalità operative e gestionali disponibili; altri sono di più lungo termine e richiedono ricerca e sviluppo dell’innovazione. Recuperando questi gap di circolarità, per esempio riducendo l’uso di una certa quantità di materiale per fornire un certo servizio, oppure prolungando di un certo numero di anni la vita utile di un certo prodotto, o ancora aumentando la quota di materiale o di energia rinnovabile per un certo prodotto, o aumentando la quota di materiale riciclato impiegato in sostituzione di materie vergini in un certo prodotto, si ottengono anche risparmi di energia, riduzioni di impiego di energia fossile e quindi anche riduzioni di emissioni di gas serra. Il focus tematico che si propone analizza quindi anche l’esempio del rapporto fra aumento della circolarità e riduzione delle emissioni di gas serra in alcuni settori.
L’UNEP (United Nation Environmental Programme), tramite l’IRP (International Resource Panel), per esempio, rileva che la produzione di acciaio con il riciclo del rottame di ferro consente fino al 38% di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto alla produzione di acciaio primario ottenuto con minerale di ferro e carbone. L’ENEA ha stimato che il riciclo dell’alluminio consente di ridurre le emissioni di gas serra fino all’80% rispetto alla produzione di alluminio con l’uso di materie prime vergini. Elevata è anche la riduzione delle emissioni di gas serra ottenuta col riciclo della plastica: fino al 90% in meno rispetto alla produzione con i derivati dal petrolio. Per produrre alcune apparecchiature elettroniche servono materie prime estratte con grande impiego di energia, per altre occorrono grandi quantità di energia per ottenere un’alta purezza dei materiali di input. La Commissione europea ha stimato che l’aumento di un anno della vita utile degli smartphone circolanti nell’UE permetterebbe di risparmiare 2,1 MtCO2eq. Anche la produzione e la lavorazione delle fibre tessili consumano rilevanti quantità di energia e generano emissioni: si stima, ad esempio, che raddoppiando l’utilizzo dei capi di abbigliamento si potrebbero ridurre notevolmente le emissioni generate dalla loro sostituzione con capi nuovi.
La produzione dei mezzi di trasporto e il loro uso generano enormi emissioni di gas serra. L’International Resource Panel1 (IRP) ha stimato che, attraverso adeguate strategie circolari sulle modalità di trasporto e sui mezzi per i passeggeri, si potrebbe risparmiare il 57-70% di emissioni gas serra in relazione al ciclo dei materiali nella produzione dei mezzi e il 30-40% nel loro utilizzo. Un contributo importante alla riduzione delle emissioni di gas serra potrà essere fornito dallo sviluppo della bioeconomia rigenerativa, con l’utilizzo sostenibile di biomassa, la fissazione del carbonio in impieghi di lungo termine e anche con l’incremento dello stoccaggio del carbonio organico nel suolo.
L’IRP evidenzia come con adeguate strategie, quali l’uso delle abitazioni, l’aumento delle pratiche di riciclo, l’applicazione dell’eco-design per la costruzione di nuovi edifici con minore materiale, l’uso di biomassa legnosa raccolta in modo sostenibile in sostituzione di materiali tradizionali, si potrebbe raggiungere un abbattimento quasi completo delle emissioni prodotte dal settore residenziale durante la vita utile degli edifici. L’Agenzia Europea per l’Ambiente, inoltre, facendo riferimento alle diverse forme in cui si può esplicare la circolarità, stima una possibile riduzione delle emissioni di CO2 degli edifici fino al 61% attraverso il miglioramento del loro utilizzo, idonee forme di riuso e riciclo alla fine della vita, l’ottimizzazione degli spazi, della gestione e della manutenzione. Numerosi sono, infine, gli esempi di riduzione delle emissioni di gas serra in diverse filiere di riciclo dei rifiuti e dei notevoli margini di ulteriori riduzioni dei gas serra ottenibili aumentando i tassi di riciclo.
Politiche e strategie per l’economia circolare: l’aggiornamento del contesto nazionale ed europeo
Nell’ambito del Green Deal, a livello europeo il nuovo Piano di azione per l’economia circolare e la nuova Strategia industriale vanno nella direzione di accelerare la transizione verso la circolarità. Una recente risoluzione del Parlamento europeo sottolinea che la transizione a un’economia circolare è una delle condizioni necessarie per raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica. Anche per questa ragione l’Europarlamento chiede alla Commissione di definire obiettivi vincolanti al 2030 di riduzione dell’uso di materie prime vergini e di incremento del contenuto di materiali riciclati nei prodotti.
In Italia nel corso del 2020 sono entrati in vigore i decreti legislativi di recepimento delle direttive europee in materia di rifiuti ed economia circolare e la Legge di bilancio del 2020 ha previsto specifiche agevolazioni per gli investimenti delle imprese nell’ambito delle misure di Transizione 4.0. Le maggiori attese per nuove misure e nuovi finanziamenti per la transizione verso un’economia circolare sono ora rivolte al Piano nazionale di ripresa e resilienza per l’utilizzo delle risorse europee di Next Generation EU.
Stato dell’economia circolare in Italia e comparazione europea
Il 3° Rapporto aggiorna l’analisi dello stato dell’economia circolare in Italia esaminando i risultati raggiunti nell’ambito della produzione, del consumo, della gestione circolare dei rifiuti oltre che degli investimenti e dell’occupazione nel riciclo, nella riparazione e nel riutilizzo. Per ciascuno di questi aspetti è stato individuato un set di indicatori, sulla base dei quali è stato attribuito un punteggio e realizzata una comparazione fra le cinque principali economie dell’Unione europea: Germania, Francia, Italia, Spagna e la Polonia, che con l’uscita del Regno Unito dall’UE risulta la 5° economia. Sommando i punteggi di ogni settore, si ottiene “l’indice di performance sull’economia circolare” che nel 2021 conferma, come nel 2020, la prima posizione dell’Italia con 79 punti, seguita dalla Francia a 68, da Germania e Spagna a 65 e dalla Polonia a 54.
Le performance dell’Italia nei vari settori considerati
Le performance nazionali di circolarità nel settore della produzione si confermano migliori rispetto alle altre quattro principali economie europee. Per la produttività delle risorse, il nostro Paese crea il maggiore valore economico per unità di consumo di materia: ogni kg di risorsa consumata genera 3,3 € di PIL, contro una media europea di 1,98 €. Buona è anche la produttività energetica: 8,1 € prodotti per kg equivalente di petrolio consumato. Il consumo interno di materiali per l’Italia nel 2019 è pari a 490 Mt, stabile rispetto all’anno precedente. Nel confronto con le principali economie europee, il nostro Paese rappresenta la realtà con i consumi minori insieme alla Spagna, per un valore di materia consumata pari a oltre metà di quello registrato per la Germania. Nel 2018 i primi cinque Paesi per consumo di energia coincidono con le cinque economie più avanzate del continente. In particolare, l’Italia impiega circa 116.000 TEP (Tonnellate equivalenti petrolio) di energia all’anno, rimanendo costante rispetto all’anno precedente. In termini di quota di energia rinnovabile utilizzata rispetto al consumo totale di energia, l’Italia perde il suo primato scendendo al secondo posto, dietro alla Spagna, con il 18,2% di energia prodotta da fonti rinnovabili rispetto al consumo finale lordo.
La produzione pro capite di rifiuti urbani in Italia nel 2019 rimane costante a 499 kg/abitante, contro una produzione media europea di 502 kg/ab. La produzione dei rifiuti rispetto al PIL mostra un disaccoppiamento sempre più marcato a partire dal 2011, fino a raggiungere un significativo divario negli ultimi anni: a fronte di una produzione dei rifiuti sostanzialmente stabile, il PIL è cresciuto del 4,3% nel periodo 2015-2019.
Il riciclo dei rifiuti urbani nel 2019, secondo i dati ISPRA, è del 46,9%, in linea con la media europea, posizionando l’Italia al secondo posto dopo la Germania. La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti è invece al 68%, nettamente superiore alla media europea (57%): al primo posto fra le principali economie europee.
Il tasso di utilizzo circolare di materia in l’Italia nel 2019 è al 19,3%, superiore alla media dell’UE27 (11,9%), inferiore a quello di Paesi Bassi (28,5%), Belgio (24%) e Francia (20,1%), ma superiore a quello della Germania (12,2%).
L’Italia è invece ultima fra le grandi economie europee per numero di brevetti depositati.
Per quanto riguarda l’occupazione nei settori della riparazione, del riutilizzo e del riciclo l’Italia è al secondo posto, dietro alla Polonia, ma comunque davanti a Francia, Germania e Spagna.